(Foto di Maurizio Frullani, 1986)
Nato a Modena nel 1928, Aldo Colò nel 1933 si trasferì con la famiglia a Cividale del Friuli.
Ancora giovanissimo si avvicinò alla pittura frequentando gli artisti cividalesi Giacomo e Luigi Bront, e Carlo Mutinelli. Nell’ultimo periodo della seconda guerra mondiale, appena sedicenne, Colò si unì ai partigiani del Battaglione “Mameli”, Brigata Garibaldi Natisone. Dopo la fine del conflitto, terminati gli studi classici, s’iscrisse alla Facoltà di Medicina, con l’intento di intraprendere la professione del padre medico. Ma proprio la morte del padre spinse Aldo Colò ad abbandonare l’Università e a diplomarsi all’Accademia di Belle Arti di Venezia per poter trovare un impiego come insegnante di disegno.
Dapprima si avvicinò al neorealismo, ma secondo una propria interpretazione che dava spazio alla fantasia. Negli anni ’50 intraprese viaggi a Parigi, in Normandia, in Olanda e in Provenza sulle tracce dei grandi maestri. Dal 1961 espose con assiduità alla Biennale d’Arte Triveneta di Padova. Di seguito, abbandonato ogni riferimento figurativo, Aldo Colò incominciò a elaborare una propria ricerca sulle forme geometriche e la loro percezione simbolica. Nei primi anni ’70 partecipò a importanti mostre in regione, in Italia e all’estero. Negli stessi anni, ispirandosi a una lirica di Majakovskij egli realizzò il ciclo delle Gabbie, dalle profonde valenze psicologiche ed esistenziali, e poi la serie degli Ovali, caratterizzata da un calibratissimo equilibrio dinamico della forma. Progressivamente le sue opere svilupparono sempre più la dialettica assoluta tra il bianco e il nero, tra la materia e le superfici, in un processo alchemico in cui infine fecero irruzione squarci dell’azzurro trascendentale di Vermeer. Nel 1995 pubblicò le sue riflessioni nel volume significativamente intitolato Fragmenta. Seguirono importanti personali che ribadirono incontrovertibilmente l’alto valore del suo lavoro.
Aldo Colò si spense a 87 anni, a Cividale del Friuli, nel 2015.
Angelo Bertani