Dal manifesto “lenzuolo” al manifesto-oggetto, itinerario attraverso lo stile

Dal manifesto promozionale tardo ottocentesco, affidato soprattutto al testo e alla decorazione relegata a ruolo marginale, il cosiddetto “manifesto lenzuolo” per la sua verticalità, si passa presto alla preponderanza dell’immagine sotto l’influsso del Liberty, che vede figure femminili e ornato floreale intrecciarsi in curve sinuose: il manifesto “moderno” punta sulla sintesi dell’immagine e del testo, sul colore piatto e sulla bidimensionalità, come esemplificato nelle opere firmate da Bauzon.
Alla categoria invece del “manifesto dell’oggetto” di scuola tedesca fanno invece riferimento, verso la fine degli anni Venti, le campagne pubblicitarie ad esempio per il lucido Sidol, dove troneggia l’articolo in vendita e il nome della ditta senza ulteriori distrazioni e presenze.
Diffuso inoltre, come nel caso di artisti quali Leo Leoncini o Sencig, il ricorso a personaggi d’invenzione, fumettistici, ispirati ad esempio da Leonetto Cappiello, protagonisti di scene divertenti e bonarie.
L’avanguardia, con le sue stilizzazioni geometriche e innovazioni formali, e in particolare il Futurismo, immette un nuovo dinamismo nella produzione Chiesa grazie al particolare rapporto con Tullio Crali, mentre sul fronte della comunicazione di massa durante il fascismo, la propaganda del regime produce un’ampia sequenza di manifesti affidata a toni oratori e a figurazioni squadrate e caratteri grafici cubitali, che spazza via ogni idillio intimista e borghese. Questo risorgerà, con il supporto della fotografia, nella pubblicità del dopoguerra, in una figurazione di impronta realista, narrativa e ammiccante, ben rappresentata, nell’ultimo periodo qui in esame del fondo Chiesa, dalla sintesi grafica di Caucigh.

Isabella Reale

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